terça-feira, 17 de janeiro de 2012

Matando saudades de Giorgio Gaber

Pegando ao acaso na caixa de CDs me vejo diante duma coletânea feita por mim para tocar no carro, das coisas que tinha como mais significativas deste gênio chamado Giorgio Gaber.
Saudades, tal qual de um familiar que reencontramos após longo hiato.
Trago aqui uma entrevista, o link para outra entrevista e uma musica significativa de sua inteligência e sensibilidade social.
Este Blog tem limitações de espaço.
Chega de Paulo! Sr Gaber, por favor...
Giorgio Gaber nello spettacolo "1999 - 2000" presenta "Destra-sinistra", una canzone ironica che segna una difficile epoca di passaggio. Lo spettacolo inizia dicendo "Sono un ingenuo"…
Perché frequenti così poco la televisione?
Io faccio quest'altro mestiere, che è quello del teatro, e mi basta. Credo che le cose che faccio io trovino difficoltà di ambientazione televisiva; sono fatto in maniera un po' particolare, non mi posso considerare un cantante di musica leggera; culturalmente la Rai non è che si… operi più di tanto. Perciò questa mia attività rimane per lo più teatrale.
In teatro quest'anno porti uno spettacolo che si intitola "1999 - 2000" e inizia dicendo "Sono un ingenuo". Il duemila continuerà a vedere l'espansione del consumismo ai danni della coscienza?
Sì, il mercato vince. Anzi, il mercato ha vinto. La lotta tra la coscienza dell'individuo e il mercato è quanto mai attuale: si è risucchiati dal vortice del consumo senza rendersene conto e per un po' saremo soggetti a questo dualismo: coscienza/mercato.
Come possiamo provare a salvarci?
Io spero con la consapevolezza. Se, a poco a poco, capiremo che ci sono cose che ci servono ed altre che non ci servono, forse riusciremo a determinare questo mercato e non esserne vittime totali.
"Dov'è la destra, dov'è la sinistra": dove volevi colpire?
La polemica è su questo apparente fortissimo antagonismo delle due parti. Io sono convinto che in questo momento la politica ha poche possibilità di risolvere i nostri problemi e che esasperare questi contrasti fa bene solo alla politica e non al Paese. Quindi la canzone nasce per smontare questo dualismo così violento e riportare tutto alle cose che riguardano la gente e che interessano al Paese.
Misurarsi col teatro ogni sera, ancora, dopo tanti anni. Che energie ti dà?
Be', il teatro dà molte energie, è un bello scambio; il pubblico dal vivo, il pubblico vero, che parte con le sue titubanze, con le sue pigrizie e a poco a poco si coinvolge nello spettacolo continua ad essere un percorso sicuramente eccitante e ogni sera è una battaglia. Io sono competitivo, mi piace questo contrapporsi di uno contro mille (uno col gruppo naturalmente). Credo che non si esaurisca in una sola serata ma abbia una continuità che dà forza e coraggio di affrontare nuove situazioni e di dire cose che, quando le scrivi, ti chiedi "Chissà come andranno".
Ma avendo fortunatamente scelto uno spazio diverso, non siamo soggetti a condizionamenti e possiamo scrivere tranquillamente quello che ci interessa.
Le mie canzoni sono sempre state un po' particolari, quindi il pubblico se le ricorda ancora e le canta insieme a me.
Quella che più ti tocca il cuore, ancora?
Sicuramente Non arrossire. È una canzone sentimentale, molto dolce, con un bel clima, molto ingenua, però di grande tenerezza.
Di recente Adriano Celentano, a sorpresa, ha cantato in apertura di un suo spettacolo Il conformista. Avete cominciato assieme… tu eri il suo chitarrista?
Sì, facevo la terza ragioneria - perché sono ragioniere - lui bazzicava in qualche balera o in qualche festa di piazza e io facevo il suo luogotenente. Facevo il chitarrista che lo aiutava a tenere insieme un gruppo di raccogliticci perché ogni volta cambiavano. Facevo anche le prove, quando lui non c'era perché magari aveva giù la voce, cantavo io. Forse è lì che ho cominciato a cantare.
Di quegli anni rimpiangi qualcosa?
Una certa energia che si perde col tempo: si diventa più pigri, più cinici, meno sorpresi dal mondo e questo è un peccato, perché in effetti forse il mondo è diventato meno interessante. Però forse anche noi siamo diventati più anziani.

Mais ainda... Agora duas obras primas de sensibilidade. Uma com a mirada nas crianças “Não ensinem às crianças” e outra nas mulheres representadas pelo singelo nome de Eva “Eva ainda não nasceu”.


Fernandes, Paulo Cesar (Keine Grenze

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