terça-feira, 15 de setembro de 2015

20150915 Francesco Guccini Guccini 1983

Francesco Guccini
Guccini
1983

Guccini (1983) è l'undicesimo album di Francesco Guccini.
Il tema principale dell'album è l'inutilità del viaggio come mezzo di conoscenza.
Testi e musiche di Francesco Guccini.





Tracce:

01 Autogrill (04.52
02 Argentina (05.18
03 Gulliver (04.50 (Guccini - Alloisio - Guccini)
04 Shomèr ma mi-llailah? (05.35
05 Inutile (05.22
06 Gli amici (04.43






Formazione:

Francesco Guccini: voce, chitarra
Juan Carlos Biondini: chitarra
Massimo Luca: chitarra
Ares Tavolazzi: chitarra, basso
Ellade Bandini: batteria
Vince Tempera: pianoforte, tastiera
Piero Cairo: tastiera
Maurizio Preti: percussioni
Claudio Pascoli: sax
Giancarlo Porro: clarini

=

01 Autogrill (04.52

La ragazza dietro al banco mescolava 
birra chiara e Seven-up, 
e il sorriso da fossette e denti 
era da pubblicità, 
come i visi alle pareti 
di quel piccolo autogrill, 
mentre i sogni miei segreti 
li rombavano via i TIR. 

Bella, d'una sua bellezza acerba, 
bionda senza averne l'aria, 
quasi triste, come i fiori e l'erba 
di scarpata ferroviaria; 
il silenzio era scalfito 
solo dalle mie chimere, 
che tracciavo con un dito 
dentro ai cerchi del bicchiere. 

Basso il sole all'orizzonte 
colorava la vetrina 
e stampava lampi e impronte 
sulla pompa da benzina; 
lei specchiò alla soda-fountain 
quel suo viso da bambina 
ed io... 
Sentivo un'infelicità vicina. 

Vergognandomi, ma solo un poco appena, 
misi un disco nel juke-box 
per sentirmi quasi in una scena 
di un film vecchio della Fox, 
ma per non gettarle in faccia 
qualche inutile cliché 
picchiettavo un indù in latta 
di una scatola di tè. 

Ma nel gioco avrei dovuto dirle: 
"Senti, senti io ti vorrei parlare...", 
poi prendendo la sua mano sopra al banco: 
"Non so come cominciare, 
non la vedi, non la tocchi 
oggi la malinconia, 
non lasciamo che trabocchi: 
vieni, andiamo, andiamo via." 

Terminò in un cigolio 
il mio disco d'atmosfera, 
si sentì uno sgocciolio 
in quell'aria al neon e pesa, 
sovrastò l'acciottolio 
quella mia frase sospesa, 
ed io... 
Ma poi arrivò una coppia di sorpresa. 

E in un attimo, ma come accade spesso, 
cambiò il volto d'ogni cosa, 
cancellatrono di colpo ogni riflesso 
le tendine in nylon rosa, 
mi chiamò la strada bianca, 
"Quant'è?" chiesi, e la pagai, 
le lasciai un nickel di mancia, 
presi il resto e me ne andai. 

02 Argentina (05.18

Il treno, ah, un treno è sempre così banale se non è un treno della prateria 
o non è un tuo "Orient Express" speciale, locomotiva di fantasia. 
L'aereo, ah, l'aereo è invece alluminio lucente, l'aereo è davvero saltare il fosso, 
l'aereo è sempre "The Spirit of Saint Louis", "Barone Rosso"; 
e allora ti prende quella voglia di volare che ti fa gridare in un giorno sfinito, 
di quando vedi un jumbo decollare e sembra che s'innalzi all'infinito. 
E allora, perché non andare in Argentina? 
Mollare tutto e andare in Argentina, 
per vedere com'è fatta l'Argentina. 

Il tassista, ah, il tassista non perse un istante a dirci che era pure lui italiano, 
gaucho di Sondrio o Varese, ghigna da emigrante, impantanato laggiù lontano. 
Poi quelle strade di auto scarburate e quella gente anni '50 già veduta, 
tuffato in una vita ritrovata, vera e vissuta, 
come entrare a caso in un portone di fresco, scale e odori abituali, 
posar la giacca, fare colazione e ritrovarsi in giorni e volti uguali, 
perché io ci ho già vissuto in Argentina, 
chissà come mi chiamavo in Argentina 
e che vita facevo in Argentina? 

Poi un giorno, disegnando un labirinto di passi tuoi per quei selciati alieni 
ti accorgi con la forza dell'istinto che non son tuoi e tu non gli appartieni, 
e tutto è invece la dimostrazione di quel poco che a vivere ci è dato 
e l'Argentina è solo l'espressione di un'equazione senza risultato, 
come i posti in cui non si vivrà, come la gente che non incontreremo, 
tutta la gente che non ci amerà, quello che non facciamo e non faremo. 
Anche se prendi sempre delle cose, anche se qualche cosa lasci in giro, 
non sai se è come un seme che dà fiore o polvere che vola ad un respiro. 
L'Argentina, l'Argentina, che tensione! 

Quella Croce del Sud nel cielo terso, 
la capovolta ambiguità d'Orione e l'orizzonte sembra perverso. 
Ma quando ti entra quella nostalgia che prende a volte per il non provato 
c'è la notte, oh, la notte, e tutto è via, allontanato. 
E quella che ti aspetta è un'alba uguale che ti si offre come una visione, 
la stessa del tuo cielo boreale, l'alba dolce che dà consolazione. 
E allora, com'è tutto uguale in Argentina! 
Oppure, chissà com'è fatta l'Argentina, 
e allora... "Don't cry for me, Argentina". 

03 Gulliver (04.50
(Guccini - Alloisio - Guccini)

Nelle lunghe ore d'inattività e di ieri che solo certa età può regalare, 
Lemuele Gulliver tornava coi pensieri ai tempi in cui correva per il mare, 
e sorridendo come sa sorridere soltanto chi non ha più paura del domani, 
parlava coi nipoti, che ascoltavano l'incanto di spiagge e odori, di giganti e nani, 
scienziati ed equipaggi, e di cavalli saggi riempiendo il cielo inglese di miraggi. 

Ma se i desideri sono solo nostalgia o malinconia d'innumeri altre vite, 
nei vecchi amici che incontrava per la via, in quelle loro anime smarrite, 
sentiva la balbuzie intellettuale e l'afasia di chi gli domandava per capire. 
Ma confondendo i viaggi con la loro parodia, i sogni con l'azione del partire, 
di tutte le sue vite vagabondate al sole restavan vuoti gusci di parole. 

Poi dopo, ripensando a quell'incedere incalzante dei viaggi persi nella sua memoria 
intuiva con la mente disattenta del gigante il senso grossolano della storia 
e nelle precisioni antiche del progetto umano o nel mondo suo illusorio e limitato, 
sentiva la crudele solitudine del nano nell'universo quasi esagerato; 
due facce di medaglia che gli urlavano in mente: "Da tempo e mare non s'impara niente." 

04 Shomèr ma mi-llailah? (05.35

La notte è quieta senza rumore, 
c'è solo il suono che fa il silenzio 
e l'aria calda porta il sapore 
di stelle e assenzio. 
Le dita sfiorano le pietre calme, 
calde di un sole memoria o mito, 
il buio ha preso con sé le palme, 
sembra che il giorno non sia esistito. 
lo, la vedetta, l'illuminato, 
guardiano eterno di non so cosa, 
cerco innocente o perché ho peccato 
la luna ombrosa. 
E aspetto immobile che si spanda 
l'onda di tuono che seguirà 
al lampo secco di una domanda, 
la voce d'uomo che chiederà: 

Shomèr ma mi-llailah? 
Shomèr ma mi-lell? 
Shomèr ma mi-llailah, ma mi-lell? 
Shomèr ma mi-llailah? 
Shomèr ma mi-lell? 
Shomèr ma mi-llailah, ma mi-lell? 
Shomèr ma mi-llailah? 
Shomèr ma mi-lell? 
Shomèr ma mi-llailah, ma mi-lell? 

Sono da secoli, o da un momento 
fermo in un vuoto in cui tutto tace, 
non so più dire da quanto sento 
angoscia o pace. 
Coi sensi tesi fuori dal tempo, 
fuori dal mondo sto ad aspettare 
che in un sussurro di voci o vento 
qualcuno venga per domandare. 
E li avverto, radi come le dita, 
ma sento voci, sento un brusio 
e sento d'essere l'infinita 
eco di Dio. 
E dopo, innumeri come sabbia, 
ansiosa e anonima oscurità 
ma voce sola di fede o rabbia, 
notturno grido che chiederà: 

Shomèr ma mi-llailah? 
Shomèr ma mi-lell? 
Shomèr ma mi-llailah, ma mi-lell? 
Shomèr ma mi-llailah? 
Shomèr ma mi-lell? 
Shomèr ma mi-llailah, ma mi-lell? 
Shomèr ma mi-llailah? 
Shomèr ma mi-lell? 
Shomèr ma mi-llailah, ma mi-lell? 

"La notte, udite, sta per finire, 
ma il giorno ancora non è arrivato, 
sembra che il tempo nel suo fluire 
resti inchiodato. 
Ma io veglio sempre, perciò insistete, 
voi lo potete: ridomandate! 
Tornate ancora se lo volete, 
non vi stancate!" 
Cadranno i secoli, gli dei e le dee, 
cadranno torri, cadranno regni 
e resteranno di uomini e idee, polvere e segni. 
Ma ora capisco il mio non capire, 
che una risposta non ci sarà, 
che la risposta sull'avvenire 
è in una voce che chiederà: 

Shomèr ma mi-llailah? 
Shomèr ma mi-lell? 
Shomèr ma mi-llailah, ma mi-lell? 
Shomèr ma mi-llailah? 
Shomèr ma mi-lell? 
Shomèr ma mi-llailah, ma mi-lell? 
Shomèr ma mi-llailah? 
Shomèr ma mi-lell? 
Shomèr ma mi-llailah, ma mi-lell? 

05 Inutile (05.22

A Rimini la spiaggia com'è vuota, quasi inutile di marzo, 
deserta dell'estate, in ogni simbolo imbecille e vacanziera; 
e noi, senza nemmeno un poco d'ironia, fra gusci e quarzo, 
ad inventare insieme primavera. 

Era piovuto piano e senza pause quasi fino a quel momento; 
picchiando sopra ai pali della spiaggia il mare si spezzava in lembi; 
nel ristorante vuoto il cameriere, assorto e lento, 
cifrava il rebus dei cumulonembi. 

Compiendo poi quel rito inevitabile e abusato 
corremmo coraggiosi e scalzi lungo la battigia; 
di un verde di bottiglia era quel mare affaticato, 
l'aria una stanza grigia. 

Scoprimmo che oggi il mare lascia un povero relitto, 
naufragi di catrame e di lattine arrugginite; 
parlare era soltanto un altro inutile delitto 
contro le nostre vite. 

Parlare, poi di cosa? Di quel vino troppo freddo e un poco andato? 
O di quel fritto misto dato lì con malagrazia naturale? 
A chi è triste di suo come un limone già adoperato 
dà ancora più tristezza mangiar male. 

E dire che volevo regalarti un compleanno un po' diverso, 
ma in noi turisti fuori di stagione c'era tutto di sbagliato: 
la notte, già una cosa andata via, il mattino perso 
e il pomeriggio forse già sciupato. 

Però malgrado tutto si era stati bene assieme, 
così, senza un futuro, in incertezza intenerita. 
Pensavo: "Farlo o no? Parlare o no? Restare assieme 
e poi cambiarsi vita? 

Ma se fossimo stati un'altra coppia fra le tante 
avremmo trasformato tutto in quella poca gioia, 
o avremmo litigato per sfogare ad ogni istante 
l'urlare della noia?" 

Domanda forse inutile, com'era forse inutile quel giorno, 
da prendere così come veniva, senza calcolare il resto; 
ci salutammo in fretta, e in fretta anch'io feci ritorno: 
di marzo si fa sera ancora presto. 

06 Gli amici (04.43

I miei amici veri (purtroppo o per fortuna) 
non sono vagabondi o abbaialuna; 
per fortuna o purtroppo ci tengono alla faccia: 
quasi nessuno batte o fa il magnaccia. 
Non son razza padrona, non sono gente arcigna, 
siamo volgari come la gramigna; 
non so se è pregio o colpa esser fatti così: 
c'è gente che è di casa in serie B. 

Contandoli uno a uno non son certo parecchi, 
son come i denti in bocca a certi vecchi; 
ma proprio perché pochi son buoni fino in fondo 
e sempre pronti a masticare il mondo. 
Non siam razza d'artista, né maschere da gogna, 
e chi fa il giornalista si vergogna; 
non che il fatto c'importi: chi non ha in qualche posto 
un peccato o un cadavere nascosto? 

Non cerchiamo la gloria, 
ma la nostra ambizione è invecchiar bene, anzi, direi: benone! 
Per quello che ci basta non c'è da andar lontano 
e abbiamo fisso in testa un nostro piano: 
se e quando moriremo (ma la cosa è insicura) 
avremo un paradiso su misura, 
in tutto somigliante al solito locale, 
ma il bere non si paga e non fa male. 

E ci andremo di forza, senza pagare il fio 
di coniugare troppo spesso in Dio: 
non voglio mescolarmi in guai o problemi altrui, 
ma a questo mondo ci ha schiaffato Lui. 
E quindi ci sopporti, ci lasci ai nostri giochi 
(cosa che a questo mondo han fatto in pochi). 
Voglio veder chi sceglie con tanti pretendenti 
tra santi tristi e noi più divertenti; 
veder chi è assunto in cielo pur con mille ragioni, 
fra noi e la massa dei rompicoglioni. 

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* Note e significato
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01 Autogrill (04.52

Racconta Guccini: 

“'Autogrill' è completamente inventata. Direi una delle pochissime insieme al Vecchio e il Bambino, che è ovviamente fantasiosa. Nella mia testa il pezzo nasce in un posto surreale, sicuramente non in Italia, visto che si parla di 'nichel di mancia'. [...] La canzone ha un tratto quasi unico, non esiste nè il luogo nè la storia. Solo io ce l'ho in testa e chi l'ascolta può verniciarla come vuole.” 

Tra le canzoni di questo disco spicca Autogrill (dove è evidente l'influenza di Borges), che narra di un amore solo sfiorato. La narrazione è quasi irreale, tutto pare sospeso in un non precisato contesto cronotopico lontano dallo scorrere naturale e oggettivo degli eventi. I registri temporali sono due, il presente e una dimensione, parallela ma "aliena", che non viene precisamente definita. I due topos temporali si mescolano confondendo così la percezione dell'ascoltatore sovrastato dal frenetico susseguirsi degli eventi. La canzone, come la definisce Paolo Jachia, "splende di luce vivissima ed è in tutto e per tutto una epifania, una breve apparizione del magico nell'altrove". In essa il dettato del pensiero pare sovrapporsi all'analisi analitica e funzionale della realtà risultando così estremamente "surreale".

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02 Argentina (05.18

The Spirit of Saint Louis  
E' il nome dell'aereo con cui il pilota Charles Lindbergh effettuò la prima trasvolata atlantica (New York-Parigi in meno di 34 ore). E' anche conosciuto con il nome di Ryan NYP. 
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03 Gulliver (04.50
(Guccini - Alloisio - Guccini)
“Gulliver”  è stata scritta in collaborazione con Giampiero Alloisio ed è ispirata a “I viaggi di Gulliver”  dello scrittore irlandese Jonathan Swift (1667 - 1745) 

Gulliver è ispirato al personaggio di Jonathan Swift, relativamente agli incontri con i lillipuziani e con i giganti. Shomèr ma mi-llailah? è una citazione biblica (Isaia 21,11) e significa in ebraico "Sentinella, quanto resta della notte?". La canzone racconta di una sentinella in un avamposto militare nel deserto. Inutile si svolge in una giornata feriale a Rimini in una giornata tardo invernale, in un incontro tra due ex amanti che rimanda proprio alle tematiche della sua Incontro.

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04 Shomèr ma mi-llailah? (05.35

“Shomèr ma mi-llailah?”  è stata tratta da un brano del profeta Isaia e significa 
“Quanto resta della notte?”. Il verso in questione (Isaia 21, 11-12) è riportato qui sotto: 

“Mi gridano da Seir: 
 Sentinella, quanto resta della notte? 
 Sentinella, quanto resta della notte? 
 La sentinella risponde: 
 Viene il mattino, e poi anche la notte 
 se volete domandare, domandate, 
 convertitevi, venite!” 

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05 Inutile (05.22
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06 Gli amici (04.43
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